Luca Zingaretti porta il suo The Pride al Teatro Bellini: l’omosessualità e l’amore senza pregiudizi [Recensione]

Luca Zingaretti in The Pride al Teatro Bellini di Napoli

Al Teatro Bellini di Napoli Luca Zingaretti dirige e interpreta “The Pride”, uno spettacolo che parla di amore, omosessualità e ricerca dell’identità

Mentre ai vertici del governo del nostro paese si discute e si decide se è il caso di “accettare” o meno le unioni civili e se riconoscere agli omosessuali alcuni diritti che in quanto esseri umani dovrebbero già avere, sul palcoscenico del Teatro Bellini di Napoli si è tenuta ieri sera la prima di The Pride, uno spettacolo attualissimo che parla di identità di genere e di omosessualità, diretto e interpretato dal grande Luca Zingaretti, in scena fino al 28 febbraio 2016.

Il testo, scritto nel 2008 dal drammaturgo greco Alexi Kaye Campbell, si struttura in due storie apparentemente separate dal tempo, ma strettamente interconnesse, soprattutto dai nomi dei tre personaggi protagonisti: Philip, Oliver e Sylvia. 

Entrambi i racconti si svolgono a Londra, ma a quasi 60 anni di distanza. Nella Londra del 1958 Sylvia (Valeria Milillo) non vede l’ora di far conoscere a suo marito Philip (Luca Zingaretti) il suo datore di lavoro Oliver (Maurizio Lombardi) autore di storie per ragazzi, per le quali Sylvia, ex attrice teatrale, dovrà preparare delle illustrazioni. Dopo le presentazioni, i tre si preparano per andare a cena fuori. Presto si comprenderà che, a Philip, Oliver non ispira simpatia, ma anche che questo disprezzo eccessivo nasconde, in realtà, sentimenti repressi nei suoi confronti. Sentimenti omosessuali latenti e per tanto, troppo tempo, sopiti, che porteranno il trio di amici/amanti a soffrire.

Oliver sarà destinato a provare un amore negato e non accettato, Sylvia ad accettare il tradimento e un’amara consapevolezza che finalmente la renderà libera, e Philip si troverà ad affrontare, per la prima volta nella vita, la sua omosessualità, in un’epoca in cui era ancora considerata una patologia da curare con le terapie le cure più violente. Una malattia da cui si doveva assolutamente guarire.

 

Ma cosa sarebbe successo se Philip e Oliver si fossero incontrati in nella nostra epoca?

Siamo sempre a Londra, ma nel 2015, e in una notte di pioggia Oliver, giornalista gay, è disperato per la separazione dal suo compagno, Philip, che lo ha lasciato dopo due anni di vita insieme. Toccherà a Sylvia, amica di entrambi, a fare da mediatrice tra i due che ancora si amano, e a ricongiungerli durante un Pride a cui parteciperanno entrambi. Qui non c’è alcun riferimento negativo all’omosessualità, che non è considerata un problema o un ostacolo, ma si trattano, semplicemente, l’amore, la gelosia e i sentimenti che uniscono due esseri umani dello stesso sesso, senza pregiudizi o retorica.

Le due storie, pur appartenendo ad epoche differenti, si alternano sul palco, si intrecciano continuamente e si sovrappongono. I tre personaggi attraversano materialmente le scene del 1958 e del 2015 apparentemente senza criterio, ma a ben vedere non rappresentano altro che l’eco invisibile delle loro anime, come se ci fosse uno stesso spirito a fonderle e ad animarle indipendentemente dalle dimensioni temporali di appartenenza.

A rappresentare un ulteriore elemento di unione tra le due storie un quarto personaggio della vicenda interpretato dall’attore Alex Cendron, nel ruolo alternato di tre personaggi completamente differenti tra di loro: un prostituto travestito da nazista che cerca di “consolare”Oliver nel 2015; un redattore di una rivista maschile per la quale l’Oliver del 2015 vorrebbe lavorare; un algido e rigido psichiatra che fa un colloquio psicologico al Philip del 1958 prima di portarlo in terapia. Tre personaggi che hanno il ruolo di collegare il trio di protagonisti ad alcuni esemplari della società che li circonda.

The Pride tocca con chiarezza e semplicità, ma anche con un velo di enigma e di mistero, tematiche contemporanee come l’omosessualità e i pregiudizi ad essa legati, oltre la retorica e i luoghi comuni, ma anche la ricerca e l’affermazione della propria identità di individuo nella società in cui si vive. Ma è un testo che parla, soprattutto, di “Amore” in tutte le sue declinazioni e possibilità, di sentimenti e di sensazioni più che di sesso, di sogni e di obiettivi, mettendo a confronto i differenti aspetti di due società, quella degli anni ’50 e la nostra contemporanea, e le loro conseguenze sulle azioni dei tre personaggi.

Magistrale ed intensa l’interpretazione dei tre attori protagonisti, abilissimi a trasformarsi nei loro omologhi del passato o del presente in pochissimo tempo, con rapidi cambi d’abito e di scenografia. Un trio in cui la bravura e il talento di Luca Zingaretti è riuscito ad integrarsi alla perfezione, senza superare gli altri due, creando una sinergia interpretativa eccellente.

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Scritto da Valentina D'Andrea
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