Le Orchidee di Pippo Delbono al Teatro Bellini di Napoli [Recensione]

Pippo Delbono porta al Teatro Bellini di Napoli uno spettacolo che rappresenta un inno alla vita, con il desiderio di fermare il tempo e consegnarlo all’eternità

Le Orchidee sono fiori “malvagi”. Non si riesce mai a riconoscere quelle vere da quelle finte. Eppure sono bellissime, coloratissime, tutte diverse, come gli esseri umani, come le vite di ognuno di noi.

E’ uno dei presupposti dai quali Pippo Delbono parte per creare il suo nuovo spettacolo. La fonte d’ispirazione che gli ha consentito di realizzare una partitura scenica variegata e coinvolgente, composta da brani musicali, piéce recitate più o meno conosciute, filmati e momenti di riflessione a tu per tu con il pubblico in sala, che rappresenta un vero e proprio inno alla vita, partendo dalla morte

Quella di sua madre, da lui amatissima, che ha lasciato un vuoto immenso nella sua vita. Un vuoto che il regista ed attore cerca di colmare in tutti i modi, affidandosi all’arte, e trasmettendo la gioia di vivere dal palcoscenico.

Pippo Delbono accoglie gli spettatori in sala con una speranza: quella di “far ballare il pubblico insieme agli attori”, e lo fa attraverso un linguaggio che abbandona la parola ed il “verbo” attraverso il più coinvolgente linguaggio fisico e dei sensi, fatto di rumori reali, di contatto reale con le persone sedute in platea, attraverso l’esposizione dei corpi nudi degli attori in scena che non fanno altro che mostrare sé stessi e le loro stesse personalità, in un connubio stretto tra arte e vita. Lasciando il pubblico spaesato, disorientato, ma incantato dall’esplosione della vita che avviene davanti ai propri occhi.

Orchidee si può considerare un vero e proprio omaggio ad una persona cara che non c’è più, una veglia funebre ad una madre morente realizzata anche attraverso le immagini (a tratti crude) della sua reale agonia in ospedale, ma rese tenere e commoventi dall’amore che lo stesso Delbono dimostra nei suoi confronti accarezzandole le mani ed il viso.

Come in ogni suo spettacolo, Delbono porta in scena un cast di persone “vere”, un cast di cui fanno parte anche emarginati sociali, come il sordomuto Bobò, che ha vissuto in manicomio per quarant’anni, e Gianluca, un ragazzo down che interpreta con maestria personaggi pieni di vita, emozionando gli spettatori. Persone “allontanate” dalla società a cui Delbono restituisce la magia della vita attraverso l’arte del teatro, alternando le loro “performance” con la propria voce fuori campo per dialogare col pubblico, raccontare storie private, associazioni di idee, ricordi, citazioni celebri teatrali e musicali che qui vivono di nuova vita.

Orchidee è, infatti, un vero e proprio collage di testi e musiche, brani musicali tratti da Pietro Mascagni, Enzo Avitabile, Deep Purple, Miles Davis e Philip Glass, e versi teatrali tratti da Shakespeare (Romeo e Giulietta ed Amleto) e da Cechov, il cui fil rouge è la passione per la vita. Fino allo struggente finale de Il Giardino dei Ciliegi.

Si può riempire il vuoto lasciato dalla perdita, dalla morte? Si può rendere vivibile l’unico mondo possibile? Questo il quesito che Delbono ci pone ad inizio spettacolo. Che nasce grazie al desiderio di catturare il tempo e destinarlo all’eternità, un pò come tutti facciamo quando scattiamo fotografie con il nostro cellulare, per immortalare momenti che non vivremo mai più.

Il teatro qui torna al suo ruolo originario: quello di trovare disperatamente un senso alla vita. Di continuare, nonostante tutto, a parlare d’amore.

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Scritto da Valentina D'Andrea
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