Eruzione dei Campi Flegrei del 1538 dopo i terremoti, come andò?

Monte Nuovo dei Campi Flegrei a Pozzuoli
Fonte immagine: Di Denghiù - Denghiù, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=10520349
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Nel cuore pulsante della terra italiana, i Campi Flegrei raccontano storie di fuoco e fervore geologico. Uno dei capitoli più intriganti è la nascita del Monte Nuovo nel 1538, un evento che ha modellato non solo il paesaggio, ma ha anche fornito una lezione vivente sulle forze nascoste che dormono sotto la superficie.

C’è un rischio reale che erutti di nuovo?

La terra non dimentica, e le cicatrici geologiche del passato possono riflettersi nei sussurri sismici del presente. L’attività recente nei Campi Flegrei solleva interrogativi inquietanti: stiamo marciando verso un altro evento vulcanico? Gli scenari si biforcano tra un picco sismico temporaneo e il preludio di un’eruzione.

La storia, con la sua eco vibrante, ci invita a prestare attenzione ma il rischio concreto è enormemente basso.

La nascita del Monte Nuovo non avvenne all’improvviso

Il Monte Nuovo non sbocciò dall’oggi al domani. Era un dramma annunciato, con la terra che dava segnali di irrequietezza sin dal 1470. I tremori e le esalazioni della Solfatara erano i messaggeri di una terra in fermento, creando una sinfonia sismica che raggiunse il suo crescendo nei giorni che precedettero l’evento vulcanico del 1538.

Difatti nei due anni che precedettero l’eruzione del 1538, l’intensità e la frequenza dei terremoti aumentarono notevolmente. In particolare, nei dieci giorni precedenti l’effusione del Monte Nuovo, i terremoti divennero un evento quotidiano, con scosse avvertite chiaramente fino a Napoli, dove alcune testimonianze dell’epoca raccontano di aver avvertito dalle 5 alle 10 scosse al giorno.

Circa 30 ore prima dell’eruzione, un tratto del fondale marino tra Averno e il Monte Barbaro si sollevò in un fenomeno che gli osservatori dell’epoca definirono come “disseccamento” del mare, associato a intense scosse sismiche.

Cosa accadde il 29 settembre 1538

Quel giorno di settembre, il cielo si oscurò per dare spazio alla danza del fuoco e della roccia. Attorno alle 19:30, la bocca eruttiva si spalancò sul fondale marino, dando inizio a un’eruzione che avrebbe scolpito il Monte Nuovo nel paesaggio.

La potenza dell’eruzione fu tale che grandi quantità di materiali incandescenti, come pomici e ceneri, furono espulse con una forza tale da lanciare le pomici fino a 8 km di distanza. Le ceneri, invece, ricoprirono un’area di circa 10.000 km², creando un tappeto scuro che mutò temporaneamente l’aspetto della regione.

Il dramma non si fermò qui: l’eruzione continuò in modo intermittente per diversi giorni. In una fase apparentemente tranquilla, circa 24 persone incuriosite salirono verso il cratere, ma furono travolte da un’improvvisa espulsione di materiale vulcanico, una testimonianza della natura imprevedibile e pericolosa degli eventi vulcanici.

Il risultato finale fu la creazione del Monte Nuovo, un nuovo rilievo che si elevava maestosamente dal paesaggio, alterando la geografia locale e lasciando una testimonianza permanente dell’energia vulcanica che giace sotto i Campi Flegrei.

Che cos’è il bradisismo

Il bradisismo è la terra in movimento, un innalzamento e abbassamento coreografico del suolo che danza al ritmo delle forze geologiche sotterranee. Nei Campi Flegrei, questo fenomeno ha giocato un ruolo chiave nel modellare la topografia e nel segnalare l’attività sismica. Ogni ondulazione del terreno è un promemoria delle dinamiche nascoste che operano sotto la superficie, un dialogo continuo tra la crosta terrestre e le forze che la modellano. Il bradisismo non è solo un termine tecnico, ma una manifestazione tangibile della vita vibrante e dinamica del sottosuolo, che continua a plasmare e definire la trama del paesaggio flegreo.

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Scritto da Gennaro Marchesi
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