Acqua suffregna a Napoli, ritorna la sorgente storica. Cos’è e dove si trova

A Napoli, sotto il Monte Echia nel quartiere Santa Lucia, è tornata a sgorgare l’antica acqua suffregna, conosciuta anche come acqua ferrata. Si tratta di una risorsa naturale e culturale preziosa, che per oltre cinquant’anni era scomparsa dalla vita cittadina. Il recupero della sorgente, realizzato da ABC Napoli con il supporto di comitati civici e associazioni, segna un passo importante verso la riscoperta delle tradizioni idriche partenopee. Ma cosa significa “acqua suffregna” e perché è così importante per la città?
Ma cosa significa acqua suffregna?
L’acqua suffregna è una sorgente naturale di acqua ferruginosa, ovvero ricca di ferro e sali minerali. Il termine “suffregna” deriva dal latino suffraganeus, che indicava ciò che aiutava o sosteneva. Non si tratta di acqua potabile comune: per secoli è stata usata a Napoli per le sue presunte proprietà benefiche e digestive, venendo consumata direttamente alla fonte. Il sapore metallico e il leggero effervescente la rendevano inconfondibile.
La particolarità dell’acqua suffregna è che non può essere imbottigliata: per motivi chimici e di conservazione, perde le sue caratteristiche fuori dall’ambiente sorgivo. Per questo veniva storicamente raccolta nelle “mummarelle”, anfore di terracotta tipiche napoletane che la mantenevano fresca e protetta dalla luce.
Dove si trova di preciso la sorgente e perché era scomparsa
La sorgente si trova sotto il Monte Echia, in un’area un tempo piena di grotte e falde acquifere. Il sito è noto come Chiatamone, nome che deriva dal greco platamon, riferito a rocce costiere scavate da caverne. Le acque del Chiatamone erano celebri già in epoca greco-romana e sono parte del patrimonio idrogeologico di Napoli

Dopo l’Unità d’Italia, con la concessione delle sorgenti a privati e la costruzione di alberghi lungo la costa, l’accesso popolare all’acqua suffregna è stato progressivamente ridotto. La sorgente è stata infine sigillata nel 1973, con la scusa di un possibile collegamento con l’epidemia di colera. Per cinquant’anni è rimasta dimenticata, finché un lungo lavoro di recupero e ricerca non ne ha permesso la riapertura.
Il progetto di recupero: chi l’ha reso possibile
La riattivazione dell’acqua suffregna è il risultato di un lavoro collettivo. L’intervento è stato promosso da ABC Napoli, l’Azienda Speciale dell’acqua pubblica, in collaborazione con:
- Comitato Hydrosòphia
- Comitato Santa Maria di Portosalvo
- Lan – Laboratorio Architettura Nomade
- Associazione Mondo Scuola
Il lavoro ha coinvolto anche la Sovrintendenza e l’Ufficio del Patrimonio del Comune. Il 13 febbraio 2025, dopo quattro anni di studi e lavori, l’acqua ha ripreso a scorrere.
Mummarelle e cultura popolare: il ritorno di una tradizione
Le “mummarelle” sono le anfore di terracotta usate per raccogliere e conservare l’acqua suffregna. Il nome deriva dal napoletano mummara, che indica proprio il recipiente a pancia larga con coperchio. In passato, i chioschi che le vendevano erano gestiti da famiglie locali, in particolare nel quartiere di Santa Lucia.
Oggi quei saperi vengono recuperati. L’intento è non solo distribuire nuovamente l’acqua alla città, ma anche rilanciare un pezzo di identità collettiva. I discendenti di chi un tempo gestiva le bancarelle stanno tornando protagonisti di una filiera culturale e sociale unica.
Qual è l’attuale obiettivo
L’obiettivo dei promotori è duplice:
- Assicurare l’accesso libero e pubblico alla sorgente, come da antichi editti storici
- Candidare il sistema delle acque sorgive di Napoli a patrimonio Unesco
L’acqua suffregna non è solo un prodotto naturale, ma un simbolo di resistenza urbana, di memoria storica e di legame tra città e territorio. Il suo ritorno apre a nuove forme di turismo culturale, sostenibilità ambientale e coesione sociale.