Ricordate quando Mirko Vucinic (forse no, perchè non se n'è parlato troppo) venne scippato del suo orologio da 20 mila euro nel cuore di Torino? Successe nel settembre del 2011: l'attaccante bianconero era fermo al semaforo in corso Unione Sovietica a bordo della sua auto mentre due rapinatori gli strapparono dal polso il bene amato cronometro. Nessun caso esplose, dell'avvicendamento di big europee pronte a depredare la casa madre nemmeno l'ombra.
Le rapine, al telegiornale, sono all'ordine del giorno in suolo partenopeo, come se qui da noi il pane fosse provente unico da illeciti di sorta. Così non è, come ben vedete: tutto il mondo è paese, che sia Napoli, Roma, Torino o Milano. L'illegalità si insinua ovunque, il germe malevolo del reato ad ogni costo non risparmia proprio nessuno.
Per Hamsik se ne son sentite di tutti i colori: atto criminale di intimidazione al club da parte di associazioni a delinquere o di un commando di ultrà, piano criminoso studiato ad hoc per allontanare dalla città uno dei suoi pezzi pregiati, azione di depistaggio per deconcentrare la spedizione azzurra, e quant'altro.
Ma quanto di vero c'è in tutto questo? Quanto di giusto c'è nel destabilizzare un ambiente con un piede già fuori dalla competizione europea e con lo scudetto ancora in bilico? Statemi a sentire voi tutti: le indagini non sono competenza nostra, nè della stampa in generale.
Lasciamo alle forze dell'ordine il compito di fare chiarezza. La decenza è d'obbligo in certi casi. Stiamo lontani da speculazioni e tentativi di sabotaggio ben architettati.